Riposto:
provincia: CT
Distanza: 26.26 km
pista macimed
Tipo: ciclostrada
Fondo: misto
Adatto a bambini: Si
Km: 15
Bellissima pista che inizia dal porticciolo di Torre Archirafi con tratto in pavè, per 500 mt. è ciclabile, dopo continua su strada normale; tale strada asfaltata arriva fino all'incontro del fiume Fiumefreddo, dove inizia la sterrata che prosegue fino alla frazione di San Marco.
Itinerario tutto sulla costa a 0 slm. Nelle giornate limpide si riesce a vedere la costa calabra.
Itinerario consigliabile nelle mezze stagioni per il troppo caldo e la troppa confusione di auto sulla strada in estate, poichè zona turistica balneabile.
https://www.piste-ciclabili.
nelle vicinanze:
Parco archeologico della Valle dell’Aci
Nel settembre 2010 è stato istituito il Parco archeologico della Valle dell’Aci che include l’area archeologica di Santa Venera al Pozzo, luogo estremamente significativo dal punto di vista storico-monumentale e paesaggistico che nell’antichità dialogava con altri siti altrettanto importanti distribuiti nelle aree limitrofe, come quello per esempio di Casalrosato di età imperiale o l’insediamento di Capomulini sulla costa.
Il sito è attualmente costituito da un’area demaniale di circa nove ettari, su cui insistono i resti di un impianto termale di epoca romana, un sistema di ambienti presumibilmente di origine greca successivamente trasformato in età romana in impianto industriale con la costruzione di fornaci per la produzione di laterizi per costruzioni e vasellame per uso comune ed una piccola chiesa dedicata al culto di Santa Venera.
Tra le strutture più moderne che sono state recuperate c’è un impianto di irrigazione che serviva sia un piccolo lavatoio che il sistema di trasporto dell’acqua attraverso una conduttura in laterizi detta saia.
La storia del luogo è lunga e piena di fenomeni sociali, economici, politi e parte da un insediamento di età ellenistica in un’area ricca di sorgenti e corsi d’acqua.
Fin dall’antichità le popolazioni si sono sempre insediate in prossimità di luoghi dove c’era ricchezza d’acqua e in questo luogo vi erano sorgenti di cui una sulfurea.
La presenza nel luogo di enormi quantitativi d’acqua ha determinato nel corso dei secoli la localizzazione nel posto, di strutture che potevano contribuire al suo sfruttamento: le terme , il pozzo, i mulini, le canalizzazioni, l’ospedale e gli edifici dedicati al culto.
Ancora molto tempo prima del culto di Santa Venera, sotto la “timpa” davanti la facciata principale dell’attuale chiesa dedicata alla Santa, doveva già essere presente un centro cultuale attestato dal ritrovamento di statuette fittili legate al culto di Demetra e Kore, divinità protettrici della terra e dell’agricoltura.
Dopo il martirio della Santa (Santa Venera) “gli acitani non furono lenti a rizzarle un devotissimo tempio nel luogo, che si framezza tra le rovine del suo Ospedale e del sudetto Pozzo cue in piè si vidde sin all’anno 1600. “
Ricca la zona che alternava case, vigneti , fondaci e taverne che assicuravano il ristoro ai viandanti che per scopi commerciali o religiosi percorrevano le disagiate mulattiere in direzione di Randazzo o di Messina. In mezzo a questa ricca zona stava l’ospedale di S. Venera. Gli ospedali nascevano a quei tempi come espressione dell’ospitalità ecclesiastica per i poveri e i pellegrini. Dal XII secolo in poi quando cambia anche il concetto di ospedale , quello presente a S. Venera assolve alle funzioni prettamente curative, sfruttando anche gli effetti terapeutici dell’acqua.
Ma mentre nasceva l’insediamento nella zona della Reitana altri se ne formavano in prossimità della costa sotto l’altra timpa lungo cui scorrevano le sorgenti d’acqua che arrivavano fino al mare e che dovevano essere difese sia dall’importante struttura del castello che per molto tempo determina la localizzazione dell’abitato che da alcune strutture come la Torre di S. Anna e quella del Tocco, parti di un sistema che si andava sempre più perfezionando lungo tutta la costa, non distanti dal luogo in esame. In stretta prossimità al sito di S. Venera al Pozzo già dal 1300 si coltivava per la produzione del lino che era tanto diffuso da diventare insieme alla canapa, e alla seta uno dei prodotti di maggiore importanza del luogo e questo ovviamente richiamava gente da ogni parte facendo del sito un vero e proprio punto di raccolta.
Il piano venne interessato dalla costruzione di una fitta rete di canalizzazioni dell’acqua non sulfurea e dalle costruzioni di grosse canalizzazioni finalizzate all’uso di un sistema di mulini la cui costruzione originaria risalirebbe al XIV secolo.
L’area è emergente anche dal punto di vista naturalistico e paesaggistico per la presenza di alcune specie vegetali originarie nonché alcune specie faunistiche richiamate proprio dal tipo di vegetazione che è presente in questo luogo.
Il restauro dell’area archeologica ha tenuto in particolare attenzione il rispetto del verde già esistente per poter leggere attraverso esso, la storia del paesaggio vegetale, costituito da specie messe a dimora dall’uomo ( agrumeto e alberi da frutto) e da specie spontanee, arboree ma soprattutto erbacee, tra cui troviamo elementi tipici dell’antico querceto e piante usate nella tradizione popolare a scopo alimentare o terapeutico.
L’area di Santa Venera ancora oggi nonostante l’intensa urbanizzazione nelle zone circostanti, si mostra ai visitatori come un’isola felice dove la campagna sconfina nel mare e la collina si erge a proteggere questo luogo.
Il clima mite, la presenza dell’acqua e l’opera dell’uomo rispettosa di quella della natura, fanno si che la flora e la fauna, si siano riappropriate di quest’area.
Gli ecosistemi sono caratterizzati dalla dinamicità in un contesto di diversità biologica. A Santa Venera al Pozzo la presenza di microhabitat contribuisce a determinare la biodiversità dell’area, particolarmente ricca di forme di vita animale e vegetale. Alla luce di questo, si possono comprendere le motivazioni per cui alcune aree archeologiche hanno un ruolo significativo dal punto di vista naturalistico: esse presentano e preservano al loro interno preziose aree verdi che sfuggite all’espansione urbanistiche, si rilevano importanti rifugi della flora e della fauna.